Angelo Borrini
L'individuo che non onora la propria terra, non onora se stesso”
Paulo Coelho, Sono come il fiume che scorre, 2006
Angelo Borrini (Parma 29 marzo 1886 – Monte Zebio 26 luglio 1916) era un commesso di Parma, figlio di Lino e Adalgisa Cappellazzi. Scoppiata la guerra, fu arruolato nell’esercito e prestò servizio come Sergente nel 14° Reggimento Bersaglieri. Dimostrò straordinaria dedizione al dovere durante una missione di grande importanza sul Monte Zebio.
Sulla montagna si svolsero importanti battaglie durante l’offensiva del giugno 1916, quando forti reparti imperiali (in particolare il 3º reggimento Schützen di Graz e il 73º reggimento "von Württemberg") avanzavano in direzione delle Melette e di Asiago. Successivamente al ripiegamento volontario causato dall'Offensiva Brusilov sul fronte russo, sulla sommità della montagna venne creata una imponente trincea da parte dei reparti austroungarici, che collegava il settore dello Zebio con altri importanti capisaldi (Mosciagh, Colombara, Zingarella, Forno, Chiesa, Campigoletti, Ortigara).
Trincea di prima linea sullo Zebio
I soldati italiani tentarono a più riprese di riconquistare la vetta. Nel corso di un attacco nemico che cercava di riconquistare le trincee appena cadute in mani italiane, Borrini si trovò alla testa del suo plotone.
Nonostante fosse stato gravemente ferito, rimase tra i suoi uomini, continuando a impartire ordini e a incoraggiarli con la sua presenza. Non si curò della sua ferita e continuò a svolgere il suo dovere con grande coraggio e determinazione, incoraggiando i suoi compagni di battaglia con le sue parole e incitandoli a resistere e a lottare con maggior vigore, fino a quando cadde nuovamente colpito a morte. Fu sepolto sul posto, rimanendo un simbolo di eroismo e di coraggio per tutti coloro che lo conobbero.
Il suo sacrificio non fu dimenticato e Borrini fu insignito di una medaglia d’argento al V.M. con la seguente motivazione:
“Alla testa del suo plotone, contrattaccava il nemico che cercava di riprendere le trincee da noi poco prima conquistate. Ferito gravemente non si curava della propria ferita, ma rimaneva imperturbato tra i bersaglieri, continuando a esercitare il comando, animandoli con le parole ed incitandoli alla resistenza, finché cadde nuovamente, mortalmente colpito.”
Lapide in memoria di Borrini
Per renderei omaggio a questo valoroso combattente, gli è stata dedicata l’aula 72 del nostro istituto.